Il cantiere aperto dell’“Unione della paura”

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Piani e strategie dell’Ue concentrati unicamente sulle risposte alle “minacce”

Dopo il piano di riarmo ReArm Europe, il Libro bianco sulla difesa, la strategia di preparazione PreparEU, la Commissione europea ha presentato una nuova strategia, denominata ProtectEU, che insieme al prossimo “scudo per la democrazia” delinea la priorità assoluta dell’Ue in questi primi mesi del 2025: cercare di difendersi da possibili minacce esterne e interne. «Viviamo in una nuova era di minacce alla sicurezza», perciò è necessario «proteggere gli europei in un mondo sempre più pericoloso» ha dichiarato il commissario europeo per gli Affari interni, Magnus Brunner, presentando la nuova strategia all’Europarlamento. È la stessa Commissione europea a spiegare il collegamento tra questa strategia e quelle annunciate nelle scorse settimane: «Muovendo dalle raccomandazioni riportate nella relazione dell’ex presidente finlandese Sauli Niinistö, la strategia europea di sicurezza interna si ricollega strettamente alla strategia per l’Unione della preparazione e al Libro bianco sulla prontezza alla difesa europea per il 2030, che insieme delineano la visione di un’Ue sicura, protetta e resiliente». La strategia  individua alcune aree prioritarie in cui concentrare l’azione dell’Ue per migliorare la sicurezza interna: la capacità di anticipare le minacce, strumenti più efficaci in materia di giustizia e affari interni, resilienza alle minacce ibride, lotta alla criminalità organizzata, lotta al terrorismo e ruolo dell’Ue a livello globale. Tra gli obiettivi dichiarati dalla Commissione c’è quello di «promuovere un cambiamento culturale» in materia di sicurezza, «puntando su un approccio esteso a tutta la società che coinvolga cittadini, imprese, ricercatori e società civile», una richiesta di responsabilizzazione dei cittadini già avanzata con la strategia sulla preparazione.

Ma c’è un passaggio dell’intervento del commissario Brunner che rappresenta bene la fase attuale dell’Ue, almeno osservando le scelte delle sue istituzioni: «Sebbene non possiamo più permetterci il lusso di dare per scontata la nostra sicurezza, abbiamo un importante vantaggio: le minacce che stiamo affrontando ci avvicinano anche come europei. Ci ricordano la nostra unità, tutto ciò che ci unisce in Europa, e ci danno anche un senso di appartenenza a un obiettivo comune». Individuare continue minacce, reali o presunte, può costituire quindi un collante per un’Ue in crisi d’identità e che fatica a trovare unità politica. Insistere, quasi esclusivamente in questa fase, su minacce che creano incertezza e paura può portare a una solidarietà forzata, tra Paesi e tra cittadini, necessaria per legittimare scelte politiche ed economiche.

Una nuova governance europea nella sicurezza interna

Secondo la Commissione «il nuovo panorama delle minacce richiede un cambiamento di mentalità e un approccio rafforzato dell’Ue alla sicurezza interna». Per questo, sostiene, devono essere individuate le implicazioni delle iniziative della Commissione in termini di sicurezza e preparazione, vanno effettuate analisi periodiche delle minacce e previste relazioni per monitorare l’attuazione delle iniziative. Al fine di «anticipare le minacce alla sicurezza» servono nuove modalità di condivisione delle informazioni d’intelligence, mentre per rendere più efficaci le modalità di contrasto la Commissione considera necessario un potenziamento di Europol, Eurojust, Frontex, Enisa (l’Agenzia dell’Ue per la cibersicurezza), migliorando l’accesso e lo scambio di dati. La Commissione ritiene poi che l’Ue debba anche aumentare «la resilienza alle minacce ibride» proteggendo le infrastrutture critiche (trasporti, telecomunicazioni e catene di approvvigionamento), rafforzando la cibersicurezza e contrastando le minacce online. Altre priorità individuate nella strategia per la sicurezza riguardano la lotta alla criminalità e al terrorismo, con un inasprimento delle norme in materia di indagini e una miglior protezione delle vittime e soprattutto dei minori nel contrasto della criminalità organizzata, mentre contro il terrorismo devono essere potenziate l’azione di prevenzione e la tracciabilità dei finanziamenti. Infine, sostiene la Commissione, «per parare l’impatto dell’instabilità mondiale, l’Ue deve difendere attivamente i propri interessi di sicurezza al di là dei suoi confini, rafforzando la cooperazione internazionale in materia di sicurezza», sia con l’azione di Europol ed Eurojust sia intensificando lo scambio di informazioni con Paesi terzi, nonché affrontando i temi della sicurezza nella strategia sui visti.

Anche un nuovo Meccanismo europeo per la difesa

Nell’ansiosa ricerca di sicurezza rispetto a minacce esterne e interne la Commissione ritiene quindi importante creare nuove partnership, coinvolgendo Paesi terzi e accelerando l’integrazione dei Paesi candidati all’ingresso nell’Ue. Del resto, già il piano di riarmo ReArm Europe prevede che gli «appalti comuni» possano includere Paesi in via di adesione, Paesi candidati, potenziali candidati e altri Paesi terzi con cui l’Ue ha stipulato partenariati per sicurezza e difesa. Così, secondo alcuni osservatori di politiche europee, la presidenza di turno polacca dell’Ue sta proponendo un nuovo fondo per finanziare il riarmo europeo che permetta di potenziare la cooperazione con Paesi non o non ancora membri dell’Ue. Al fine di realizzare un’industria militare europea, considerata necessaria dalle istituzioni dell’Ue per fronteggiare lo scenario internazionale, pare essere allo studio un nuovo Meccanismo europeo per la difesa, suggerito da uno studio commissionato dalla presidenza polacca dell’Ue a un centro studi economico (Bruegel). Secondo lo studio, gli incentivi offerti dalle misure attuali dell’Ue «sono troppo esigui per affrontare la preponderanza di fattori nazionali negli appalti o per coordinare la fornitura di “agenti strategici”», per questo l’Ue dovrebbe creare un Meccanismo europeo di difesa (Edm). Strumento simile al Meccanismo europeo di stabilità (Mes, noto anche come Fondo salva-Stati), l’Edm «si occuperebbe di appalti congiunti e pianificherebbe la fornitura di fattori strategici in aree specifiche, con la capacità di finanziare tali ruoli». L’obiettivo sarebbe creare un mercato unico dell’industria della difesa, creare un veicolo di finanziamento, includere Paesi extra-Ue e concedere un’opzione di opt-out ai Paesi dell’Ue che non vogliono una maggior integrazione della difesa, evitando in questo modo possibili veti nazionali.

Ai vari piani e strategie già annunciati dall’Ue nelle ultime settimane, si aggiungerebbe così un nuovo strumento finanziario per accelerare la (folle) corsa al riarmo europeo.