Semplificazione o deregolamentazione?

Critiche sociali e sindacali al pacchetto Omnibus proposto dalla Commissione
«Stiamo creando condizioni che consentiranno alle imprese dell’Ue di prosperare, attrarre investimenti e liberare appieno il nostro potenziale economico». Questi gli auspici della Commissione europea, manifestati durante la presentazione del nuovo pacchetto di proposte Omnibus predisposto «per semplificare le norme dell’Ue, stimolare la competitività e liberare capacità di investimento aggiuntiva». Come già annunciato con il Programma 2025, l’obiettivo della Commissione è attuare una semplificazione di vasta portata nei settori dell’informativa sulla finanza sostenibile, del dovere di diligenza ai fini della sostenibilità, della tassonomia dell’Ue, del meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere e dei programmi di investimento europei. Proposte che, nelle intenzioni della Commissione, dovrebbero ridurre la complessità dei requisiti dell’Ue per tutte le imprese, in particolare per le piccole imprese a media capitalizzazione, ponendo al centro del quadro normativo le imprese più grandi, che hanno un impatto maggiore su clima e ambiente. La Commissione stima che tale iniziativa porti a risparmi complessivi, in termini di costi amministrativi annuali, di circa 6,3 miliardi di euro e mobiliti investimenti pubblici e privati per 50 miliardi di euro.
Il prezzo di questi vantaggi stimati, però, secondo le principali organizzazioni sociali ed ambientali potrebbe essere una deregolamentazione, che aprirebbe la possibilità di fare impresa senza troppi vincoli ma con gravi danni sociali e ambientali. Critiche alle quali ha risposto il commissario europeo per l’Economia, la produttività e la semplificazione, Valdis Dombrovskis, secondo il quale «questo programma di semplificazione non ha nulla a che fare con la deregolamentazione. Si tratta di conseguire i nostri obiettivi in modo più intelligente e meno oneroso, affinché le nostre imprese, in particolare le Pmi, possano concentrarsi sulla crescita, l’occupazione, l’innovazione e aiutarci a garantire le transizioni verde e digitale», aggiungendo che «il mondo cambia sotto i nostri occhi» e quindi «la semplificazione delle norme inutilmente complesse è un elemento essenziale per rendere l’Ue più competitiva».
Modifiche per stimolare competitività e investimenti Le modifiche legislative della Commissione, proposte a Parlamento e Consiglio, riguardano la direttiva sulla rendicontazione societaria di sostenibilità (CSRD), la direttiva sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità (CSDDD), il regolamento sulla tassonomia e il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM). Le principali modifiche sulla sostenibilità esonereranno circa l’80% delle imprese dall’applicazione della direttiva, concentrando gli obblighi di informativa sulle imprese più grandi. Inoltre, gli obblighi di informativa per le imprese che rientrano nell’ambito di applicazione saranno posticipati di due anni. Per quanto riguarda gli obblighi di dovuta diligenza per sostenere pratiche commerciali responsabili, invece, la Commissione propone di concentrarli solo sui «partner commerciali diretti» e di portare da uno a cinque anni la frequenza delle valutazioni periodiche e del monitoraggio dei partner. Al fine di ridurre gli oneri per le Pmi, poi, è proposto di limitare la quantità di informazioni richieste nell’ambito della mappatura della catena del valore da parte delle grandi imprese, mentre sarà eliminata la responsabilità civile dell’Ue in caso di mancato rispetto delle norme e saranno protette le imprese dal dover pagare risarcimenti eccessivi. Rispetto al meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere per un commercio più equo, è prevista l’esenzione dagli obblighi per i piccoli importatori, fissando una nuova soglia annua cumulativa (50 tonnellate per importatore) che elimina gli obblighi per il 90% degli importatori. Sono poi previste modifiche per «liberare opportunità di investimento», che secondo la Commissione dovrebbe mobilitare circa 50 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati.
Ces: «Vengono indebolite le tutele dagli abusi aziendali»
Alla visione ottimistica della Commissione europea su questa sua iniziativa di «semplificazione», si oppone la valutazione critica delle principali organizzazioni sociali, sindacali e ambientali. Secondo la Confederazione europea dei sindacati (Ces), «questa non è semplificazione, ma deregolamentazione. La Commissione afferma di tagliare la burocrazia, ma in realtà sta svuotando la sua legislazione sui diritti umani». Il focus dei sindacati europei riguarda soprattutto due direttive sui diritti umani adottate nel mandato precedente per controllare le violazioni dei diritti umani nelle catene di fornitura: la direttiva sulla due diligence e quella sulla rendicontazione aziendale di sostenibilità.
La Ces ritiene che la Commissione stia cedendo alle richieste dei lobbisti aziendali di neutralizzare una serie di misure, quali ad esempio: limitare l’ambito della due diligence, con aziende che dovrebbero valutare solo i rischi nei fornitori diretti, ignorando le violazioni dei diritti umani e ambientali nelle loro catene di fornitura; indebolire la responsabilità aziendale, dal momento che «l’eliminazione della responsabilità civile significa che le vittime di abusi aziendali farebbero fatica a cercare giustizia e le aziende potrebbero sottrarsi alla responsabilità per pratiche dannose». La riduzione dell’applicazione della due diligence inoltre, osserva la Ces, esonera le aziende dal tagliare i legami con i partner commerciali abusivi, mentre il monitoraggio avverrebbe solo ogni cinque anni. Così come il ritardo dell’implementazione della conformità aziendale rallenterebbe gli sforzi per affrontare gli abusi aziendali.
«Queste due legislazioni sui diritti umani sono il frutto di anni di consultazioni, analisi e trattative. Tornare sui risultati di questo processo, oltre a essere inefficiente è profondamente antidemocratico» ha dichiarato Isabelle Schömann, vicesegretaria generale della Ces. Oltretutto, ha osservato, «questa proposta è il risultato di un processo truccato, in cui la Commissione ha invitato alla sua “consultazione” cinque volte più lobbisti aziendali rispetto ai rappresentanti di sindacati e Ong». Ragioni per cui «questa Commissione deve cambiare direzione rapidamente o perderà il sostegno dei lavoratori e dei loro sindacati» ha aggiunto Schömann, perché «il suo programma di deregolamentazione sta favorendo le stesse aziende che violano i diritti dei lavoratori».