Dare dignità ai lavori di assistenza e cura
Attività non riconosciute adeguatamente e ancora troppo a carico delle donne
Il lavoro di assistenza e cura è fondamentale per il benessere umano, sociale, economico e ambientale. Tutti hanno bisogno di assistenza, «è il lavoro, spesso invisibile e per lo più non retribuito, che sostiene famiglie, comunità ed economie» ha ricordato l’Onu celebrando per il secondo anno, il 29 ottobre, la Giornata internazionale dell’assistenza e supporto. Una giornata di azione globale voluta dal movimento sindacale internazionale per accelerare gli investimenti pubblici nell’economia dell’assistenza. Il lavoro di assistenza comprende tutte le attività intraprese per garantire il benessere e lo sviluppo delle persone da diverse prospettive: fisica, economica, morale ed emotiva. Spazia quindi «dalla fornitura di elementi essenziali per la vita, come cibo, riparo, servizi igienici, pulizia, salute, compagnia e un ambiente sano, al supporto e alla trasmissione di conoscenze, valori sociali e pratiche tramite processi correlati alla cura e ad altre dinamiche di comunità» spiega la Global Alliance for Care, prima comunità globale multi-stakeholder che promuove spazi per l’azione collettiva, la difesa, la comunicazione e l’apprendimento sull’assistenza, il suo riconoscimento come bisogno, come lavoro e come diritto. Il lavoro di assistenza consiste in due attività sovrapposte: una di assistenza diretta, personale e relazionale, come ad esempio nutrire un neonato, prendersi cura di una persona malata o supportare una persona anziana o disabile; una di assistenza indiretta, come cucinare e pulire. Si tratta di un lavoro che può essere retribuito o meno e che, soprattutto per cause culturali lungi dall’essere superate, è svolto in tutto il mondo prevalentemente dalle donne.
Donne due terzi dei lavoratori del settore
L’Onu stima che l’assistenza non retribuita e il lavoro domestico in tutto il mondo equivalgano a circa il 9% del Pil globale, pari a circa 11.000 miliardi di dollari. Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil-Ilo), le donne dedicano alle varie mansioni riconducibili all’assistenza e cura non retribuite tre volte più tempo degli uomini, mentre sono donne oltre due terzi di tutti i lavoratori nel settore dell’assistenza, tra cui sanità, assistenza all’infanzia e lavoro domestico. La responsabilità di fornire assistenza ricade così in modo schiacciante su donne e ragazze, con conseguenze negative sui livelli di istruzione, lavoro retribuito e cura di sé, impedendo di realizzare pienamente i propri diritti e opportunità. In generale, donne e ragazze rimangono le fornitrici principali di lavoro di cura mal pagato e non retribuito ovunque, condizione che riguarda soprattutto le donne più emarginate, cioè che vivono in povertà, le donne migranti, le donne impegnate nel lavoro informale e le donne appartenenti a minoranze.
Ma le donne svolgono anche la maggior parte del lavoro di assistenza retribuito, spesso però private della previdenza sociale di base, con orari dilatati e bassi salari: ad esempio si stima che siano donne l’80% delle persone impiegate nei lavori domestici retribuiti in tutto il mondo.
Eppure, sottolinea l’Onu, investire nell’assistenza può alimentare le economie, riducendo al contempo la povertà femminile e potenzialmente creando 300 milioni di posti di lavoro entro il 2035. Oltretutto, trasformare i sistemi di assistenza è un imperativo per raggiungere l’uguaglianza di genere e realizzare la visione della Dichiarazione di Pechino: «Quando investiamo in sistemi di assistenza completi, investiamo nelle donne, nelle comunità, nelle società e nelle economie».
Servono investimenti pubblici e assistenza di qualità
Anche la Confederazione sindacale internazionale (Csi-Ituc) denuncia come il lavoro di assistenza continui a essere relegato alle donne, rimanga sottovalutato e sia considerato un lavoro non qualificato. «Milioni di operatori sanitari continuano a lavorare in circostanze difficili, con stipendi bassi e cattive condizioni di lavoro, molti di coloro che non hanno protezioni adeguate sono esposti a sfruttamento e abusi, in particolare lavoratori domestici, operatori sanitari e assistenziali e operatori sanitari migranti» sostiene l’Ituc, osservando che «allo stesso tempo, la quota sproporzionata di lavoro di assistenza non retribuito affidato alle donne ha un impatto sul modo in cui entrano, rimangono e progrediscono nel lavoro retribuito».
Così, lavoratori e sindacati dei settori dell’assistenza e della cura si sono organizzati in tutto il mondo per richiamare l’attenzione «sull’importanza del lavoro dignitoso nell’assistenza, sulla centralità dell’assistenza per raggiungere l’uguaglianza di genere e sulla necessità di rendere le economie a prova di futuro, aumentando gli investimenti pubblici in servizi di assistenza di qualità per le persone» spiegano i sindacati della Confederazione internazionale, invitando i governi a promuovere alcune azioni che vanno in questa direzione. Intanto, sostiene l’Ituc, servono maggiori investimenti pubblici nell’economia dell’assistenza che possono creare milioni di nuovi posti di lavoro, garantire la partecipazione economica delle donne e l’accesso universale a servizi di qualità di sanità pubblica, istruzione e assistenza. Dovrebbero poi essere adottate politiche inclusive e “a misura di famiglia” nel mercato del lavoro che, insieme a una protezione sociale attenta al genere, potrebbero garantire una condivisione più equa delle responsabilità di cura. Inoltre i lavori di cura «devono essere formali e dignitosi», sottolinea l’Ituc, cioè con condizioni di lavoro sicure e adeguatamente retribuiti, anche rispetto alla parità di retribuzione per lavoro di pari valore. Così come gli operatori socio-assistenziali devono essere liberi da violenza e molestie di genere e da qualsiasi tipo di discriminazione, oltre che liberi di organizzarsi e contrattare collettivamente. D’altro canto, ricordano le organizzazioni sindacali, la risoluzione dell’Oil sul lavoro dignitoso e l’economia assistenziale, concordata da governi, datori di lavoro e lavoratori nel giugno 2024, sottolinea i legami tra lavoro dignitoso, uguaglianza di genere, qualità dell’assistenza, giusta transizione, sviluppo sostenibile ed economia assistenziale. Una risoluzione che «ribadisce la necessità di un’azione urgente per garantire un lavoro dignitoso nell’economia assistenziale e promuovere un lavoro dignitoso per tutti, garantendo l’accesso all’assistenza». Basterebbe che le politiche e le azioni dei governi in materia di assistenza e cura si attenessero a quanto concordato appena pochi mesi fa.