Italia sotto osservazione dell’Ue
La Commissione segnala infrazioni in vari campi e preoccupazioni sui diritti
Inadempiente agli obblighi europei su varie materie e preoccupante su alcuni aspetti dello stato di diritto: questo il parere espresso sull’Italia dalla Commissione europea in due Relazioni pubblicate nei giorni scorsi.
All’interno del Rapporto che delinea la situazione dello stato di diritto negli Stati membri dell’Ue e nei Paesi candidati dei Balcani occidentali, oltre alle situazioni allarmanti di Ungheria e Slovacchia, tra quelle in peggioramento è segnalata infatti anche l’Italia. Sotto osservazione in particolare i sistemi giudiziari nazionali, i sistemi anticorruzione adottati dai vari Paesi, l’organizzazione dei media e la loro indipendenza, gli equilibri istituzionali.
Osservando come in Italia sia in atto «una riforma completa del sistema giudiziario» e siano stati adottati provvedimenti per la digitalizzazione della giustizia civile e di quella fiscale, non senza qualche problema di attuazione, la Commissione sottolinea il permanere del problema relativo alla durata dei procedimenti giudiziari, l’uso eccessivo di decreti di emergenza da parte del governo e soprattutto una non trasparente situazione dei media e del diritto di informazione. Problematica, quest’ultima, già segnalata peraltro alcune settimane prima dall’European University Institute nel suo Media Pluralism Monitor, che valuta appunto i potenziali rischi per il pluralismo dei media in Europa. Una situazione in peggioramento per le limitazioni alla libertà di stampa in vari Paesi, secondo il Monitor, con l’Italia segnalata per l’aumento delle cause nei confronti dei giornalisti, anche da parte di funzionari governativi, e per una crescente occupazione politica del servizio pubblico.
Le raccomandazioni all’Italia sullo stato di diritto
Il capitolo riguardante l’Italia del Rapporto pubblicato lo scorso 24 luglio dalla Commissione europea è stato redatto sulla base di riunioni svolte con oltre 50 enti e organizzazioni italiane ed europee, citati al fondo del documento, dunque non influenzato semplicemente da alcuni media come dichiarato dalla presidenza del Consiglio italiana. Nella valutazione finale, il Rapporto osserva che l’Italia non ha fatto progressi «nel processo legislativo per riformare e introdurre garanzie per il regime sulla diffamazione, la protezione del segreto professionale e delle fonti giornalistiche, tenendo in considerazione gli standard europei sulla protezione dei giornalisti», così come «nel proseguire gli sforzi per istituire un’istituzione nazionale per i diritti umani tenendo in considerazione i principi di Parigi delle Nazioni Unite», motivo per cui la Commissione indica alle autorità italiane alcune raccomandazioni.
Oltre al miglioramento del livello di digitalizzazione per i tribunali e le procure, è richiesto all’Italia di adottare la proposta legislativa in sospeso sui conflitti di interesse e di istituire un registro operativo delle attività di lobbying, così come di introdurre un registro elettronico unico per le informazioni sul finanziamento di partiti e campagne elettorali. Ma soprattutto è richiesto di rivedere la bozza di riforma sulla diffamazione, la protezione del segreto professionale e delle fonti giornalistiche, «al fine di evitare qualsiasi rischio di impatti negativi sulla libertà di stampa e garantire che tenga conto degli standard europei sulla protezione dei giornalisti». Ai media del servizio pubblico devono poi essere garantiti finanziamenti e regole «appropriati per la realizzazione del loro mandato di servizio pubblico e per garantirne l’indipendenza», osserva la Commissione, secondo cui allo stesso tempo deve essere creata un’istituzione nazionale per i diritti umani.
Avviate varie procedure d’infrazione
Il giorno successivo al Rapporto sullo stato di diritto, la Commissione europea ha pubblicato la Relazione periodica sui casi di infrazione, con la quale mira a garantire la corretta applicazione del diritto dell’Ue in vari campi avviando azioni legali nei confronti degli Stati membri inadempienti. Anche in questo caso l’Italia è sotto osservazione delle istituzioni europee, con otto procedure d’infrazione di cui sei nuove, per incompleta o mancata trasposizione delle normative europee a livello nazionale su materie che vanno dalla gestione dei rifiuti ai diritti dei lavoratori, dal trasporto aereo alle banche.
Una procedura di infrazione è stata avviata «per il non corretto recepimento della direttiva quadro sui rifiuti (direttiva 2008/98/CE, modificata dalla direttiva 2018/851), materia già sanzionata più volte in passato. La Commissione ha constatato che l’Italia non ha recepito correttamente diverse disposizioni della direttiva modificata, tra cui quelle concernenti «la responsabilità estesa del produttore, la garanzia di un riciclaggio di alta qualità, la raccolta differenziata dei rifiuti pericolosi e l’attuazione di un sistema elettronico di tracciabilità».
Altre procedure di infrazione riguardano il trasporto aereo, in particolare la «mancata istituzione di un regime di sanzioni efficace e proporzionato relativo al quadro normativo del cielo unico europeo istituito dal regolamento (CE) n. 549/2004», e la legge italiana sul diritto d’autore, che «non rispetta la libera prestazione di servizi» definita nel trattato dell’Ue e nella direttiva sulla gestione collettiva dei diritti. Insieme ad altri Stati membri l’Italia è poi invitata a completare il recepimento nell’ordinamento nazionale «delle modifiche della direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche» e della direttiva su «gestori e acquirenti di crediti».
Inoltre la Commissione ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Ue per il «mancato rispetto dei diritti dei lavoratori mobili di altri Stati membri riguardo le prestazioni familiari loro concesse». Secondo la Commissione, infatti, il mancato rispetto dei diritti dei lavoratori mobili «costituisce una discriminazione e viola il diritto dell’Ue in materia di coordinamento della sicurezza sociale e di libera circolazione dei lavoratori». L’Italia aveva introdotto nel 2022 un nuovo regime di assegni familiari per figli a carico, in base al quale i lavoratori che non risiedono in Italia per almeno 2 anni o i cui figli non risiedono in Italia non possono beneficiare della prestazione: «La Commissione ritiene che gli sforzi profusi finora dalle autorità siano stati insufficienti e ha pertanto deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Ue».