EUROPA SOCIALE
Mobilitazione sindacale europea contro l’austerità
«L’Europa ha un debito sociale, non solo monetario. La promessa di una rapida ripresa è stata vana e oggi oltre 25 milioni di europei sono senza lavoro con punte di disoccupazione giovanile che in alcuni Paesi superano il 50%.
Le misure di austerità adottate stanno trascinando l’Europa in una stagnazione economica, anzi in recessione, contribuendo inoltre allo smantellamento del modello sociale europeo. Queste misure, lungi dal ristabilire la fiducia, servono solo a peggiorare gli squilibri e le ingiustizie. La recessione può essere arrestata solo se i vincoli di bilancio sono allentati e gli squilibri eliminati, al fine di realizzare una crescita economica sostenibile e la coesione sociale nel rispetto dei valori sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali.
In tale contesto le parole non sono più sufficienti ed emerge sempre più il bisogno di azione, perché quella che stiamo affrontando è una vera e propria emergenza sociale».
Sulla base di queste considerazioni la Confederazione europea dei sindacati (Ces) ha indetto lo scorso 14 novembre una Giornata europea di azione e solidarietà, cioè una mobilitazione generale contro le politiche di austerity e per la salvaguardia dei diritti sociali che ha chiamato a raccolta i sindacati di tutti i Paesi europei.
E la risposta è stata imponente: scioperi, manifestazioni, presidi e azioni di vario genere si sono svolti contemporaneamente in un gran numero di città europee con la partecipazione di centinaia di migliaia di persone, per far sì che i temi del lavoro e della crescita siano messi al centro dell’agenda politica, sia dei governi nazionali che delle istituzioni europee.
Si è trattato di un evento importante perché ha riunito tutte le principali sigle sindacati europee intorno ad una piattaforma rivendicativa comune: il Social Compact for Europe (Patto sociale per l’Europa, che pubblichiamo nelle pagine successive). Un valore anche simbolico forte, derivante dal fatto che per la prima volta nella storia del sindacato europeo tutte le organizzazioni facente parti della Ces si sono mobilitate nello stesso giorno intorno ad un’unica piattaforma.
«I leader europei dovrebbero riconoscere la piena dimensione europea della mobilitazione svoltasi il 14 novembre, con circa 50 organizzazioni sindacali di 28 Paesi che hanno partecipato attivamente a questa giornata d’azione» ha commentato Bernadette Segol, segretaria generale della Ces, sottolineando come sia ormai evidente l’impossibilità di continuare a percorrere la strada dell’austerità «che è un totale fallimento e che ad esempio in Grecia sta portando a violazioni dei diritti fondamentali», come evidenziato da un recente studio dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil-Ilo).
Oltretutto, il risanamento di bilancio ha avuto un effetto più forte di quanto inizialmente stimato dalle istituzioni che lo hanno richiesto, tra cui la Commissione europea e il Fondo monetario internazionale (Fmi). Infatti sono gli stessi responsabili del Fmi ad ammettere ora che è stato calcolato male l’impatto delle misure di austerità sulla crescita. «Questo errore di calcolo ha però conseguenze misurabili sulla vita quotidiana di cittadini e lavoratori» osservano i sindacati europei, sottolineando come ciò metta in discussione «l’intera base delle politiche di austerità avanzate dal Trattato fiscale e imposte dalla Troika» (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale).
Nel contesto della libera circolazione dei capitali, la mancanza di coordinamento delle politiche economiche e l’assenza di norme sociali minime in tutta Europa ha dato libero sfogo alla concorrenza tra gli Stati, in particolare in materia di fiscalità, costo del lavoro e condizioni sociali, per questo la Ces ribadisce che il dialogo sociale e la contrattazione collettiva sono al centro del “modello sociale europeo” e si oppone fermamente agli attacchi contro questi diritti, a livello nazionale ed europeo.
Ricordando che l’Unione europea ha il mandato di perseguire «lo sviluppo sostenibile dell’Europa basato su una crescita economica equilibrata e la stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato, mirando alla piena occupazione, al progresso sociale, a un elevato livello di protezione e miglioramento della qualità dell’ambiente», la Cessottolinea che il suo supporto all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona era basato principalmente proprio sulla piena applicazione di tali obiettivi, mentre le discussioni attualmente in corso tra istituzioni e governi dell’Ue riguardano l’opportunità di ulteriori modifiche del Trattato.
«È necessario e prioritario un cambio di direzione per risolvere la crisi, ma deve essere in linea con i tre pilastri del nostro progetto sociale: il dialogo e la contrattazione collettiva, la governance economica per la crescita sostenibile e l’occupazione, la giustizia sociale, fiscale ed economica» sostengono i sindacati europei, osservando che la solidarietà attiva, il progresso sociale e la responsabilità democratica devono essere parte integrante del progetto europeo e che un protocollo per il progresso sociale debba essere incluso come parte integrante e operativa del nuovo Trattato.
«Dobbiamo cambiare rotta immediatamente perché la situazione sociale è urgente» ha dichiarato la responsabile della Confederazione europea dei sindacati, Bernadette Segol, sottolineando che la Ces valuterà su queste basi ogni nuovo passo della costruzione europea.
Un patto sociale per l’Europa
Pubblichiamo di seguito la risoluzione A Social Compact for Europe adottata dal Comitato esecutivo della Confederazione europea dei sindacati (Ces) nella riunione del 5-6 giugno 2012.
Noi, leader sindacali europei, riuniti in seno alla Confederazione europea dei sindacati (Ces), vogliamo lanciare un appello e proporre un Patto sociale per l’Europa.
Assistiamo a fenomeni quali crescenti diseguaglianze, aumento della povertà ed esclusione sociale, disoccupazione alle stelle, precarietà del lavoro, che colpisce in modo particolare i giovani, ed una crescente disillusione nei confronti del progetto europeo.
Assistiamo ad un preoccupante aumento del nazionalismo, del razzismo e della xenofobia. Questa tendenza, aggravata dalla concorrenza delle basse retribuzioni, potrebbe portare ad un rifiuto del progetto europeo che la Ces ha sempre sostenuto.
Vediamo minacciato l’assetto economico e sociale del dopoguerra, che ha portato alla creazione dell’Unione europea e del modello sociale europeo. Questo modello sociale, unico nel suo genere, ha portato notevoli vantaggi per cittadini e lavoratori e ci ha consentito di ricostruire passando da una situazione di crisi ad una di prosperità.
Riteniamo che l’unione monetaria debba servire al conseguimento del processo d’integrazione europea, basato sui principi della pace, della democrazia e della solidarietà, nonché sulla coesione economica, sociale e territoriale. Questo è il modo per garantire un futuro ai cittadini in un mondo globalizzato.
Ricordiamo che obiettivo dichiarato dell’Ue è il progresso economico e sociale. Conseguire gli obiettivi 2020 dell’Unione europea richiede società socialmente stabili, crescita economica sostenibile e istituzioni finanziarie a servizio dell’economia reale. Crediamo che tramite il dialogo sociale potremo ricercare soluzioni eque ed efficienti per rispondere alla grave crisi che l’Unione si trova ad affrontare. Ma purtroppo riscontriamo che la democrazia sul posto di lavoro e il dialogo sociale sono spesso ignorati, messi a repentaglio e negati.
Chiediamo all’Unione europea di concentrarsi su politiche atte a migliorare le condizioni di vita e di lavoro, sulla qualità dell’occupazione, su retribuzioni eque, sulla parità di trattamento, su un dialogo sociale efficace, sui diritti umani e sindacali, su servizi pubblici di qualità e sulla tutela sociale – ivi compresi disposizioni in tema di sanità e pensioni eque e sostenibili – nonché su una politica industriale volta a favorire una giusta transizione verso un modello di sviluppo sostenibile.
Tali politiche contribuiranno a dare fiducia ai cittadini nel loro futuro comune.
Respingiamo tutte le politiche che portano ad una concorrenza al ribasso in tema di diritti del lavoro, retribuzioni, sicurezza sociale, imposte o ambiente.
Sosteniamo politiche economiche coordinate, nonché l’obiettivo del risanamento dei conti pubblici, ma deploriamo le misure di governance economica adottate che minano le conquiste sociali degli ultimi decenni, soffocano la crescita sostenibile, la ripresa economica e l’occupazione e distruggono i servizi pubblici.
Per questo motivo ci opponiamo al trattato in tema di Stabilità, Coordinamento e Governance dell’Unione Economica e Monetaria (tSCG).
Siamo altresì preoccupati del metodo utilizzato per elaborare il trattato tSCG, che ha escluso un significativo coinvolgimento del Parlamento europeo e dei cittadini europei. Insistiamo sul fatto che l’Unione e i suoi Stati membri debbano osservare scrupolosamente gli strumenti europei ed internazionali quali le convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil-Ilo), la prassi giuridica della Corte europea dei diritti umani e la Carta Sociale europea, a cui l’Unione europea dovrebbe accedere, nonché il suo protocollo che sancisce un sistema di azioni e rivendicazioni collettive (1995).
Per tutte queste ragioni, chiediamo un Patto sociale per l’Europa, i cui contenuti proponiamo di discutere e concordare a livello tripartito europeo.
La Confederazione europea dei sindacati ritiene che questo Patto sociale debba contenere i seguenti elementi:
Contrattazione collettiva e dialogo sociale
La contrattazione collettiva e il dialogo sociale sono parte integrante del modello sociale europeo. Devono essere entrambi garantiti a livello europeo e nazionale. Ciascuno Stato membro dovrà attuare le relative misure di sostegno.
Devono essere rispettati l’autonomia, il ruolo e la posizione delle parti sociali; non vi deve essere alcun intervento unilaterale delle autorità pubbliche sulla contrattazione collettiva o sugli accordi collettivi esistenti e deve essere massimizzata l’applicazione dei contratti collettivi nei confronti dei lavoratori.
È essenziale un effettivo ed efficace coinvolgimento delle parti sociali, sin dalla fase di diagnosi, nella governance economica europea e nei piani nazionali di riforma. L’onere degli sforzi necessari per adattarsi al mutare delle situazioni dovrà essere proporzionato ai mezzi a disposizione degli individui e non essere sostenuto soltanto dai lavoratori e dalle loro famiglie.
Governance economica per la crescita sostenibile e l’occupazione
Misure urgenti per porre fine alla crisi del debito sovrano e per assegnare alla Banca centrale europea (Bce) il ruolo di prestatore di ultima istanza, consentendole pertanto di emettere Eurobond.
I programmi di crescita adattati a ciascun Paese dovranno essere discussi, concordati e monitorati con le parti sociali.
Politiche industriali e d’investimento europee volte ad affrontare le sfide economiche ed ambientali: dovrebbe essere data priorità agli investimenti in infrastrutture sostenibili, ricerca e sviluppo, tecnologie climatiche e risorse rinnovabili. Questi investimenti non dovranno essere inseriti nel calcolo del disavanzo pubblico.
Norme atte a garantire un settore finanziario regolamentato, solido e trasparente a servizio dell’economia reale.
Dovrebbero essere stanziate risorse aggiuntive, reperite grazie ad un miglior utilizzo dei fondi strutturali europei, alla Banca europea degli investimenti, all’emissione di project bond e ad una tassa sulle transazioni finanziarie adeguatamente congegnata, da impiegare a fini sociali e ambientali.
Mettere fine alle pressioni volte a liberalizzare i servizi pubblici, che sono una responsabilità nazionale.
Retribuzioni dignitose per tutti, che contribuiscano alla crescita e alla domanda interna.
Una garanzia per tutti i giovani europei, che consenta di fornire loro un lavoro dignitoso o adeguate opportunità di formazione entro quattro mesi dal momento d’inizio della fase di disoccupazione o dal termine del percorso scolastico.
Misure volte a migliorare la qualità dell’occupazione e combattere il lavoro precario; lotta agli abusi in tema di contratti di lavoro a tempo parziale, interinale e a tempo determinato.
Politiche attive del mercato del lavoro, ivi comprese iniziative volte a sostenere coloro che hanno pochi legami con il mercato del lavoro o non ne hanno affatto.
Giustizia economica e sociale
Una tassazione redistributiva e graduata sui redditi e sulla ricchezza e fine dei paradisi fiscali, dell’evasione e delle frodi fiscali, della corruzione e del lavoro irregolare.
Un’azionerisoluta e determinata contro la speculazione.
Misure efficaci atte a garantire parità di retribuzione e pari diritti per lo stesso tipo di lavoro per tutti; i contratti collettivi dovranno applicarsi a tutti, indipendentemente dalla forma del contratto.
Attuazione di politiche volte a porre fine al divario retributivo tra uomini e donne.
La definizione delle retribuzioni deve restare una questione nazionale ed essere affrontata sulla base delle prassi nazionali e dei sistemi nazionali di relazioni industriali. I negoziati fra le parti sociali al relativo livello di competenza sono lo strumento migliore per garantire buone condizioni di lavoro e di retribuzione. I salari minimi per legge, in quei Paesi ove le organizzazioni sindacali li ritengano necessari, dovranno essere aumentati significativamente. In ogni caso le soglie retributive dovranno rispettare gli standard del Consiglio d’Europa in tema di salari dignitosi.
Armonizzazione della base imponibile e delle aliquote minime d’imposizione fiscale per le imprese, possibilmente con l’introduzione di un’aliquota minima del 25%, che è il livello medio attuale d’imposizione in Europa.
Invitiamo le organizzazioni datoriali europee, le istituzioni dell’Ue, i governi nazionali e le organizzazioni favorevoli ad impegnarsi in un dibattito su questa proposta della Ces a favore di un Patto sociale per l’Europa.
IN GRECIA DEFICIT DI DIALOGO SOCIALE CAUSATO DA POLITICHE DI AUSTERITÀ
Le misure di austerità adottate dalla Grecia negli ultimi due anni hanno provocato un «deficit esteso di dialogo sociale», è perciò necessario «promuovere e rafforzare il quadro istituzionale dei diritti fondamentali» soprattutto in ambito occupazionale.
È quanto affermato il 15 novembre scorso dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil-Ilo) tramite un comunicato del Comitato sulla libertà di associazione, organo di controllo dell’Ilo che esamina i casi riguardanti i datori di lavoro e i sindacati, il diritto di organizzazione, la contrattazione collettiva e il dialogo sociale. Nella sessione di novembre, infatti, il Comitato ha esaminato una denuncia presentata dalle principali organizzazioni sindacali greche (Confederazione Generale del Lavoro, Confederazione dei dipendenti pubblici, Federazione Generale dei Lavoratori del National ElectricPower Corporation, Federazione greca dei dipendenti privati), e sostenuta dall’International Trade Union Confederation, riguardante una serie di misure di austerità adottate in Grecia negli ultimi due anni nel quadro del meccanismo di prestito internazionale concordato con la Troika (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale).
Pur essendo profondamente consapevole del fatto che queste misure sono state adottate in un contesto grave e straordinario, provocato da una crisi economica e finanziaria, il Comitato ha rilevato che ci sono stati «un certo numero di interventi ripetuti ed estesi nella libera e volontaria contrattazione collettiva e un deficit importante di dialogo sociale», mettendo in evidenza la necessità di promuovere e rafforzare il quadro istituzionale di questi diritti fondamentali.
Il Comitato auspica che le parti sociali siano pienamente coinvolte nella definizione di eventuali ulteriori modifiche nel quadro degli accordi con la Troika che toccano le questioni di base per i diritti umani di libertà di associazione e la contrattazione collettiva e che sono fondamentali per una base democratica e la pace sociale nel Paese.
Il Comitato ha quindi chiesto un intenso e permanente dialogo sociale sulle questioni sollevate, con l’obiettivo di sviluppare una visione globale comune per le relazioni di lavoro in piena conformità con i principi di libertà di associazione e il riconoscimento effettivo della contrattazione collettiva, obiettivo per il raggiungimento del quale il Comitato ha sottolineato la necessità di assistenza da parte dell’Ilo.
Informazioni:http://www.ilo.org
Giovani sindacalisti: difendere i diritti per non perderli
Pubblichiamo di seguito la Dichiarazione dei giovani sindacalisti del Sud Europa redatta in occasione della Giornata di mobilitazione europea dello scorso 14 novembre.
I giovani di tutta Europa stanno pagando il prezzo più alto in questo periodo di crisi economica in cui i Paesi europei si trovano ad affrontare una situazione disastrosa. In particolare, la condizione del Sud Europa può rappresentare la punta di un iceberg: infatti, senza solidarietà sociale ed economica ciò che sta accadendo in questi Paesi potrebbe diffondersi in tutta Europa.
I tassi di disoccupazione giovanile in Paesi quali Cipro (27%), Grecia (55,6%), Italia (35%), Spagna (54%) e Portogallo (37,4%) sono saliti a livelli inaccettabili. La situazione è poi ancora peggiore per donne, migranti e altri gruppi oggetto di discriminazione.
I giovani trovano lavori che sono per lo più caratterizzati da condizioni di forte precarietà e mancanza di solida protezione sociale: sono ampiamente utilizzati i contratti a tempo determinato e, in genere, non è garantita la necessaria protezione sociale e del lavoro; vi è un diffuso abuso di stage spesso non retribuiti; bassi salari e lavoro part-time “volontario” causano l’aumento dei lavoratori poveri; troppo spesso non vi è poi alcuna garanzia di un reddito dignitoso durante i periodi di disoccupazione.
Tali condizioni rendono impossibile per la maggior parte dei giovani rendersi finanziariamente autonomi dalle famiglie di origine, al fine di avviare una nuova famiglia, e portano a una nuova tendenza di crescenti flussi migratori: molti giovani lasciano i Paesi dell’Europa meridionale per trovare posti di lavoro dignitosi all’estero. Ciò comporta una fuga di cervelli che priva questi Paesi del capitale umano più importante su cui deve basarsi la loro crescita.
Questa situazione non è però solo il risultato degli effetti della crisi economica, ma anche delle misure di austerità attuate dai governi nazionali che interessano fortemente servizi di base come la sanità, l’istruzione e la cultura.
Posti di lavoro dignitosi e i pilastri del Welfare dovrebbe essere al centro di tutte le politiche europee e nazionali: concentrarsi invece solo sul consolidamento fiscale e non sugli investimenti per lo sviluppo sostenibile delle nostre economie, non fa che aumentare le ingiustizie e le disuguaglianze sociali – soprattutto per i giovani.
L’austerità è economicamente e socialmente inaccettabile, oltre ad essere ambientalmente insostenibile. È anche politicamente pericolosa e mina la stabilità democratica. Con il peggioramento della situazione e i tassi di disoccupazione in aumento, riemergono fenomeni come il razzismo, la xenofobia, l’intolleranza e la violenza.
Queste politiche e la violazione unilaterale del dialogo sociale hanno portato le organizzazioni sindacali di tutta Europa a reagire e mobilitare i giovani, in quanto:
• È ingiusto e inaccettabile per i lavoratori pagare la crisi, mentre coloro che sono responsabili di averla provocata non solo non fanno nulla per affrontarla ma continuano addirittura a trarne vantaggio, come dimostrano chiaramente gli enormi profitti dei gruppi finanziari.
• Ci sono alternative: la rassegnazione non è un’opzione e non deve essere più accettato l’approccio neo-liberale adottato finora. La tassazione delle transazione finanziarie, gli investimenti in ricerca e innovazione, la tassazione progressiva, la repressione delle frodi fiscali e della corruzione, la lotta contro la precarietà del lavoro e l’adozione di un sistema di garanzia per i giovani al fine di affrontare la disoccupazione giovanile sono alcune delle molte misure alternative che potrebbero contribuire a invertire la situazione.
Il modello sociale europeo deve essere protetto dai forti attacchi in corso e rafforzato. Sollecitiamo quindi le istituzioni europee ad adottare un Patto sociale europeo, come proposto dalla Confederazione europea dei sindacati (Ces).
Questo modello sociale ha fatto sì che le generazioni del dopoguerra abbiano goduto dei benefici dello Stato sociale e della pace. Con lo smantellamento del modello sociale è messo a rischio il benessere attuale e delle future generazioni, così come il futuro di pace dell’Europa.
Si può perdere ciò che non si difende. I diritti e il Welfare di cui abbiamo goduto finora sono stati duramente conquistati dagli sforzi e dalle lotte dei nostri genitori: dobbiamo allora unirci in solidarietà per mantenere ed estendere queste conquiste e lottare per i nostri diritti.
L’UNIONE EUROPEA DELLA MOBILITAZIONE SINDACALE
Lo scorso 14 novembre in occasione della Giornata di azione e solidarietà indetta dalla Ces si sono svolte iniziative in tutti i Paesi europei: ecco alcuni esempi di quella che è stata la prima mobilitazione sindacale davvero europea, perché diffusa contemporaneamente su tutto il territorio europeo.
Finlandia: azione politico-mediatica per il rispetto dei diritti dei lavoratori in Europa. Inviate richieste comuni al commissario europeo per gli Affari economici e monetari, OlliRehn, e ai membri del Parlamento europeo.
Svezia: azione sui media su austerità, lettera di solidarietà con i sindacati spagnoli al primo ministro spagnolo.
Danimarca: durante il suo congresso, la FTF ha adottato una dichiarazione di solidarietà e sostegno a tutti i lavoratori europei che affrontano le misure di austerità.
Regno Unito: azioni di solidarietà con i sindacati greci e spagnoli, incluso attività di lobby alla Commissione europea a Londra e Bruxelles, azioni virali e virtuali sui network sociali per aumentare la consapevolezza su come l’austerità non funziona.
Paesi Bassi: conferenza di solidarietà con i lavoratori europei che affrontano le dure misure di austerità.
Belgio: solidarietà con i lavoratori europei colpiti dalle misure di austerità. Azione Simbolica a Bruxelles, con rappresentanti sindacali e militanti davanti a diverse ambasciate e poi in rue Berlaymont, per consegnare il premio Nobel dell’austerità a Barroso, presidente della Commissione europea.
Lussemburgo: distribuzione di volantini nelle aziende e consegna al primo ministro di una copia del Patto sociale per l’Europa della Ces.
Francia: dimostrazioni nel Paese per lavoro e solidarietà in Europa.
Germania: assemblee e riunioni in molte città. A Berlino sono stati diffusi messaggi di solidarietà ai lavoratori europei colpiti dalle misure di austerità, messaggi poi raccolti e consegnati alla cancellieraMerkel.
Italia: sciopero generale di 4 ore e iniziative in più di 100 città.
Spagna: sciopero generale contro l’austerità e manifestazioni in diverse città spagnole.
Portogallo: sciopero generale contro l’austerità.
Grecia: sciopero generale di 3 ore e dimostrazione ad Atene.
Bulgaria: forum in diverse città.
Slovenia: manifestazione a Lubiana.
Romania: manifestazioni in molte città.
Austria: azioni di solidarietà e distribuzione volantini.
Polonia: dimostrazioni a Varsavia e in altre città per il lavoro dignitoso e campagne a livello locale e aziendale.
Lettonia: azione politico-mediatica contro la disoccupazione giovanile.
Lituania: sciopero generale dei trasporti a Vilnius.
Irlanda: manifestazione a Dublino e mobilitazioni in tutto il Paese fino a dicembre.
Cipro: presentazione del documento della Ces al presidente della Repubblica.
Turchia: dimostrazioni davanti alle ambasciate dei Paesi che hanno proclamato lo sciopero generale e azioni nei luoghi di lavoro.
Fonte:http://www.cgil.it
Progetto ICARUS: sindacati a confronto per l’Europa sociale
«La crisi economica, che investe l’Europa da ormai quasi cinque anni, ha messo i cittadini europei in molti Stati dell’Unione in condizioni sociali ed economiche durissime. Le misure di austerità estrema, non bilanciata ma lineare, divengono di fatto una ricetta per la cura che rischia di essere peggio della malattia stessa. Disoccupazione, tagli alla spesa sociale e riduzione, se non cancellazione, di diritti dei lavoratori e diritti sindacali determinano condizioni drammatiche per milioni di lavoratrici e lavoratori. Per un numero sempre maggiore di cittadini nell’Unione europea non vi sono ormai condizioni di lavoro e di vita dignitose.
L’impossibilità di mettere a frutto le proprie competenze in un’attività lavorativa è anch’essa parte dell’effetto recessivo che molte delle misure di austerità determinano.
È messa quindi in pericolo non solo la condizione dei singoli, ma la stessa capacità dell’Europa di rafforzare la propria coesione sociale e di reagire alla crisi riportando il “sistema Europa” ad una stabilità economica effettiva».
Sulla base di questa premessa, che prende atto di una situazione europea nella quale è necessario agire unendo le forze e creando sinergie, la Cgil Lombardia ha promosso nel corso del 2012 il progetto ICARUS, acronimo di Information and Consultation: Approaches of researchcoordinatinggood Union Standards (in italiano “Informazione e Consultazione: Approccio ad un’inchiesta per coordinare efficaci standard sindacali”), progetto internazionale realizzato nell’ambito del programma dell’Unione europea dedicato al dialogo sociale.
I lavori sviluppatisi nel corso dei 12 mesi del progetto, al centro della Conferenza internazionale del 26-27 novembre 2012 a Milano presso il Centro congressi Stelline (Sala Manzoni) in corso Magenta 61, sono stati dedicati ai temi dell’informazione e della consultazione dei lavoratori nelle imprese multinazionali, «al fine di acquisire sulla materia maggiori conoscenze e di preparare strumenti utili alla formazione e all’azione sindacale sul sistema di business dei gruppi multinazionali e sul rapporto di cooperazione e reciproca informazione tra i rappresentanti sindacali dei siti a livello locale, i funzionari sindacali e i membri dei Comitati aziendali europei (Cae)» sottolineano i promotori.
Il lavoro è stato coordinato da Cgil Lombardia, ma si è svolto grazie al partenariato internazionale che ha coinvolto le seguenti organizzazioni sindacali:CfdtRhones Alpes (Francia), ComissionesObreras de Catalunya e Union General de Trabajadores de Catalunya (Spagna), DgbNiederSachsen (Germania), Tuc Southern and EasternEngland (Regno Unito), FratiaCnsrl (Romania), Cisl Lombardia, e con il supporto scientifico di Ires Emilia Romagna.
Tra l’altro, il gruppo di coordinamento del progetto è rappresentativo di numerose e diverse culture sindacali europee, cosa che ha rappresentato «senza dubbio un valore aggiunto, perché un risultato indiretto del progetto è certamente la reciproca conoscenza e l’arricchimento dato dalla reciproca contaminazione» osservano i responsabili della Cgil lombarda.
Attraverso ICARUS sono così stati realizzati diversi strumenti dedicati all’azione sindacale:
• questionari per un’inchiesta quantitativa sui Cae e le imprese multinazionali utilizzabili per ulteriori ricerche;
• la definizione di una metodologia per realizzare Focus group sul funzionamento e il ruolo dei Cae rispetto all’insieme delle relazioni industriali;
• un modulo di formazione per sindacalisti e delegati sui temi dell’informazione e della consultazione, sul fenomeno economico-gestionale delle imprese multinazionali e sulle strategie sindacali per affrontarlo.
• strumenti per la divulgazione di informazioni sui temi del progetto, quali una newsletter settimanale on line, un sito web dedicato, un video documentario sulle varie fasi del progetto e un miniclip che promuove gli strumenti di lavoro realizzati.
Le azioni svolte nell’ambito del progetto ICARUS si sono basate su alcuni obiettivi comuni prioritari:
• rafforzare la partnership sindacale internazionale e intervenire su questioni-chiave di quasi tutti i mercati nell’era della globalizzazioni: le dinamiche e le criticità per i lavoratori di imprese che hanno un peso specifico nei mercati internazionali e nazionali di molti Stati;
• affrontare il tema dell’informazione data ai rappresentanti dei lavoratori dal management e il relativo utilizzo;
• sviluppareuna riflessione sull’importanza della reciproca informazione e collaborazione tra i tre soggetti coinvolti (rappresentanti Cae, delegati sindacali e sindacalisti) sulla rappresentanza in un sito locale di una società multinazionale.
Nell’attuale contesto europeo, descritto nella premessa del progetto, «risulta evidente come il ruolo dei sindacati sia importantissimo per affermare una visione alternativa dell’Europa e delle politiche anticrisi messe in campo negli Stati membri» osservano i partecipanti al progetto ICARUS, secondo i quali «il ruolo negoziale che i sindacati giocano nella contrattazione collettiva e nel confronto istituzionale a livello europeo, nazionale e locale è risultato essere un comprovato strumento di individuazione di soluzioni efficaci per contenere l’impatto della crisi».
Il dialogo sociale, pilastro fondamentale dell’architettura istituzionale dell’Unione europea, e la contrattazione collettiva, elemento fondamentale delle relazioni industriali nonché di un sistema democratico, «sono però messi in discussione e l’idea di Europa sociale è indebolita» spiegano i partner sindacali del progetto ICARUS, evidenziando come «essere all’offensiva e coordinarsi con un confronto costante per rafforzare l’azione sindacale, anche a livello transnazionale, diviene una priorità di fronte al mercato globale e al peso economico delle imprese multinazionali. Un ruolo proattivo del sindacalismo e la strategia per la contrattazione collettiva risultano quindi fondamentali, come lo è la valorizzazione del potenziale che risiede in una efficace articolazione tra l’azione sindacale a livello nazionale e la strategia del sindacato europeo».
I rappresentanti delle organizzazioni sindacali partecipanti al progetto ICARUS sottolineano dunque l’importanza, anzi la necessità, di un maggior impegno a vari livelli partendo ognuno dal proprio ambito, sostenendo che «non si compirà il percorso dell’Unione europea senza un rafforzamento della dimensione sociale e dei diritti dei cittadini, delle cittadine, dei lavoratori e delle lavoratrici».
Informazioni:
Cgil Lombardia,Viale Marelli 497
20099 Sesto San Giovanni (MI);
internazionale@cgil.lombardia.it
UN PROGETTO SUI COMITATI AZIENDALI EUROPEI
Il progetto ICARUS, avviato nel gennaio 2012 su iniziativa della Cgil Lombardia nell’ambito del programma dell’Unione europea dedicato al dialogo sociale (linea di bilancio 04030303), è stato dedicato ai temi dell’informazione e della consultazione dei lavoratori nelle imprese multinazionali ed è stato pensato per abbinare ricerca, formazione e creazione di strumenti di supporto alla sindacalizzazione.
La strutturazione del progetto è nata infatti dall’esigenza di conoscere, in forma approfondita, l’implementazione, a livello nazionale e/o in specifici casi di imprese e gruppi, delle normative derivanti dalle Direttive europee 14/2002 e 38/2009: la prima dedicata ai diritti di informazione e consultazione dei lavoratori, la seconda sulle procedure di costituzione e funzionamento di un Comitato aziendale europeo (Cae).
Il Comitato aziendale europeo è un’organizzazione costituita sulla base delle direttive del Consiglio europeo 94/45/CE del 22 settembre 1994 e 97/74/CE del 15 dicembre 1997. Il Cae nasce come organo di consultazione e informazione di tutti i lavoratori e le lavoratrici occupati nelle imprese dell’Unione europea nonché dello Spazio economico europeo.
In Italia il processo di implementazione della direttiva Cae è stato attivato dalle parti sociali con la stipula di un accordo interconfederale il 27 novembre 1996 tra Confindustria, Assicredito e Cgil, Cisl e Uil, in presenza del ministro del Lavoro; l’accordo ha quindi trasposto la direttiva attraverso un accordo sindacale, come da prassi italiana. In questo modo si è aperta la strada ad accordi nelle imprese per l’istituzione di un Cae ben prima che la direttiva venisse trasposta nella legislazione italiana. Infatti la produzione legislativa italiana ha ritardato molto la trasposizione della direttiva n. 94/45, che è stata recepita nella legislazione italiana solo con il decreto n. 74 del 2 aprile 2002, appena in tempo per non incorrere in un appello della Commissione europea alla Corte di Giustizia per non adempimento.
Secondo le organizzazioni sindacali è necessario rafforzare il ruolo dei Cae come organismi sindacali transnazionali di base, che, per svolgere efficacemente tale ruolo, devono essereautenticamente rappresentativi e collegati formalmente ai sindacati nella iniziativa contrattuale e nelle politiche di sviluppo.
«In termini generali – sostengono i promotori e i partner del progetto Icarus – per promuovere l’efficacia dei Cae bisogna perseguire una maggiore sintonia tra i temi europei e quelli nazionali. Il rafforzamento del coordinamento della contrattazione collettiva è uno strumento primario per contrastare efficacemente le strategie politiche, già in atto in numerosi Paesi europei, che rischiano di produrre un regresso delle condizioni contrattuali e lavorative e che puntano sul dumping sociale e sulle delocalizzazioni. Emerge quindi come urgente e necessario che la rappresentanza sindacale scelga la dimensione sopranazionale come banco di prova della sua efficacia. L’obiettivo è creare uno spazio contrattuale europeo, per rafforzare l’identità sindacale». Le organizzazioni sindacali europee ritengono che una funzionemeramente informativa del sindacato sia insufficiente, per questo auspicano e perseguono un maggiore “sindacalizzazione” dell’attività dei Cae, «affinché i rappresentanti sindacali possano monitorare la dimensione della politica transnazionale delle imprese multinazionali e abbiano una dimensione di confronto che metta in grado i sindacati di rapportarsi direttamente con la direzione generale di tali imprese».